E alla fine, Bruno ci ha salutati.

Questa mattina, mentre facevo colazione, scorrendo le notizie sul telefono, è arrivata quella notifica che non avrei mai voluto leggere. Bruno Pizzul non c’era più. E lì, per un attimo, il tempo si è fermato. Perché Bruno era uno di casa, uno di famiglia per chiunque abbia amato il calcio. Anche oggi, a distanza di tanti anni dal suo ritiro dalle telecronache, è rimasto un punto di riferimento per chi vuole raccontare il calcio con eleganza, con sobrietà, con passione.

Non era un telecronista vecchio stampo, era un innovatore. Ha saputo trasformare il modo di narrare il calcio senza cadere nella trappola del sensazionalismo. Era misurato, mai sopra le righe, eppure riusciva a trasmettere emozioni come pochi. Per chi, come me, ha vissuto il grande Milan di fine anni ’80 e le notti europee con la sua voce inconfondibile, Pizzul non era solo il narratore, era parte del racconto.

La sua voce era la Nazionale, era le Notti Magiche di Italia ’90, era il sogno spezzato di USA ’94, era il calcio che amavamo. È ironico pensare che proprio lui, che ha raccontato la Nazionale nei suoi anni più gloriosi, non abbia mai potuto gridare quel trionfo mondiale che sarebbe arrivato solo nel 2006. Ma è così, il destino a volte si diverte a tessere fili beffardi.

Bruno era friulano come me, e questo lo rendeva ancora più speciale. Orgoglio della nostra terra, uomo di grande cultura, amante del buon vino e del frico, sapeva sempre come farti sentire a casa. Incontrarlo era come parlare con un vecchio amico: disponibile, garbato, pronto a raccontare aneddoti divertenti con quel suo sorriso discreto. Come quella volta in cui, durante Italia ’90, un tifoso gli rovesciò addosso una birra in diretta. Lui, imperturbabile, si limitò a dire: “Ecco, abbiamo ricevuto un’accoglienza particolarmente affettuosa”. Ecco chi era Bruno Pizzul: un uomo capace di rendere speciale anche la più semplice delle frasi.

Ci ha accompagnati per decenni, con il suo modo inconfondibile di raccontare il calcio. Oggi ci ha salutati, ma la sua voce resterà per sempre. Magari un giorno ci rivedremo e ci racconteremo ancora di calcio, di storie, di passioni. Perché il calcio non è solo un gioco, è un racconto di uomini, di imprese, di emozioni. E nessuno lo sapeva raccontare come lui.

Mandi, Bruno. Grazie di tutto.

One thought on “Mandi Bruno

  1. Durissimo colpo, a suggello della fine di un giornalismo epico, almeno per me che sono sulla 50ina, l’ultimo dei grandissimi.
    La pietra tombale su una stagione ( sportiva ) orrenda per i nostri colori.
    Rip Bruno

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *