Per decenni, il calcio argentino ha vissuto come un eterno esodo. Troppo fragile economicamente per trattenere i suoi migliori talenti, ha visto partire generazioni di campioni diretti verso club europei o, più recentemente, in destinazioni più esotiche ma economicamente allettanti.

Eppure, qualcosa sta cambiando. A gennaio, il River Plate ha speso 10 milioni di dollari per riportare in patria Sebastián Driussi, un affare che fino a pochi mesi fa sarebbe stato impensabile. A ruota, Gonzalo Montiel, eroe del Mondiale 2022, ha seguito la stessa strada, così come Alan Velasco, che ha firmato con il Boca Juniors, e Facundo Farías, ora all’Estudiantes. Ma non solo: anche giocatori stranieri provenienti da Spagna, Brasile, Colombia e Costa Rica stanno accettando offerte dai club argentini.

Secondo diverse fonti, oggi più di venti giocatori in Argentina guadagnano almeno un milione di dollari all’anno. Fino a due anni fa, erano meno della metà.

Benvenuti nell’era Milei.

Dall’iperinflazione ai super contratti

L’effetto di Javier Milei, il presidente libertario in carica da poco più di un anno, non si è fatto sentire solo nei mercati finanziari, ma anche nel calcio. Con una politica economica che ha tagliato drasticamente la spesa pubblica e stabilizzato il peso argentino, il paese si trova improvvisamente con un potere d’acquisto in crescita.

Il cambio ufficiale con il dollaro, pur essendo ancora soggetto a controlli, è il più forte degli ultimi dieci anni secondo la Banca Centrale. Risultato? Gli argentini fanno shopping in Cile nei weekend, si concedono vacanze a Rio de Janeiro e i club locali si permettono di riportare a casa talenti che, fino a ieri, sembravano destinati a rimanere all’estero.

Diego Lemme, presidente del Defensa y Justicia, lo spiega chiaramente: “Fino all’anno scorso, squadre di Paraguay e Bolivia riuscivano a strapparci i giocatori. Oggi il peso più forte ci ha reso competitivi”.

Ma la rinnovata forza economica dei club argentini è una benedizione o un’illusione destinata a crollare?

Il rischio del peso “gonfiato”

Mentre in Argentina si brinda alla stabilità economica, molti analisti temono che il peso sia sopravvalutato e che l’euforia possa trasformarsi presto in un nuovo disastro finanziario. Il paese ha una storia ciclica di svalutazioni brutali, e le misure di Milei per contenere il cambio potrebbero avere un prezzo altissimo nel lungo periodo.

“La sopravvalutazione del peso è un dato di fatto”, spiega Aldo Abram, economista della Fundación Libertad y Progreso. Il rischio è che il paese stia importando più di quanto possa permettersi, e il calcio non fa eccezione: più il peso resta forte, più i club possono permettersi contratti milionari. Ma cosa succede se la moneta crolla di nuovo?

Il Racing Club, uno dei club più importanti d’Argentina, ha iniziato a fare i conti con questa ipotesi. Hernán Lacunza, vicepresidente ed ex ministro dell’economia, ha introdotto una serie di analisi di rischio valutario nel club: “Quello che oggi sembra accessibile in dollari potrebbe non esserlo più domani”, spiega. “Bisogna sempre sapere qual è il tasso di cambio di equilibrio per una squadra”.

Il problema è che molte società non sembrano aver fatto questi calcoli. I contratti in Argentina sono pagati in peso, ma con un valore ancorato al dollaro: se la moneta crolla, i club devono sborsare sempre più peso per onorarli.

Rivoluzione sostenibile o fuoco di paglia?

Per ora, l’effetto Milei sta regalando all’Argentina un mercato interno calcistico che non si vedeva da decenni. Ma ha dei limiti evidenti: le vere stelle, quelle di primissima fascia, restano ancora irraggiungibili. Lionel Messi non tornerà certo in patria, e il Boca Juniors ha dovuto rinunciare a Leandro Paredes, attualmente alla Roma, perché non poteva permetterselo.

C’è poi un altro fattore da considerare: se questa improvvisa ricchezza dovesse rivelarsi effimera, il calcio argentino potrebbe trovarsi in una crisi ancora più profonda. Come in un gioco di specchi, la nuova stabilità potrebbe essere solo una pausa prima del prossimo terremoto economico.

Javier Milei non ha tempo per queste preoccupazioni: ogni critica viene respinta con decisione. Quando, qualche settimana fa, l’ex ministro dell’Economia Domingo Cavallo ha scritto un post in cui metteva in guardia contro il rischio di un peso troppo forte, Milei ha licenziato sua figlia, Sonia Cavallo, che era ambasciatrice presso l’Organizzazione degli Stati Americani. “O sei con noi o sei contro di noi”, ha dichiarato in un’intervista radiofonica.

Se il calcio argentino è davvero entrato in una nuova epoca di prosperità, lo scopriremo nei prossimi anni. Per ora, si sta godendo una rinascita che sembrava impensabile fino a poco tempo fa. Ma come sempre, in Argentina, la linea tra boom e collasso è sottilissima.

One thought on “L’effetto Milei: i milioni tornano in Argentina

  1. Quell’Aldo Abram non capisce niente di macroeconomia. Se lo Stato non emette moneta da un anno e il peso in circolazione è pochissimo rispetto ai dollari, come fa a essere sopravalutato? Milei riceverà molto presto il nobel per l’economia, quello che sta facendo in Argentina è davvero straordinario.

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