Un’impresa europea in pieno stile nerazzurro. L’Inter espugna l’Allianz Arena dopo quattordici anni, infliggendo al Bayern Monaco la prima sconfitta casalinga in Champions dopo 22 partite e quattro stagioni. Il 2-1 finale, firmato da Lautaro Martinez e Davide Frattesi, ha il sapore delle grandi notti di coppa, con una squadra che ha saputo soffrire, colpire, e soprattutto adattarsi. È stato un match complesso, denso di momenti tattici diversi, quasi dieci partite in una sola. Inzaghi l’ha vinta con la testa prima ancora che con i piedi dei suoi uomini, sapendo leggere la contesa meglio di Kompany, e accettando di cambiare pelle più volte durante i novanta minuti.

 

Kompany sorprende tutti: fuori Müller, dentro Guerreiro in posizione ibrida, a uomo su Calhanoglu, dentro Olise e Sané sugli esterni in un 3-4-3 che in fase di pressione diventa un 4-2-3-1. Il portiere è Urbig, linea difensiva con Stanisic, Dier e Kim, centrocampo con Kimmich e Goretzka, laterali larghi Laimer e Guerreiro. In avanti Kane, sostenuto da Sané e Olise.

Inzaghi risponde con il classico 3-5-2: Sommer tra i pali, Pavard-Acerbi-Bastoni in difesa, Darmian e Carlos Augusto sulle corsie, Barella, Calhanoglu e Mkhitaryan in mezzo. Davanti la ThuLa: Lautaro e Thuram. Con Dumfries e Dimarco out, Inzaghi rinuncia a una delle sue fonti di ampiezza abituali e sceglie l’equilibrio.

 

Il primo tempo è uno studio reciproco, ma condotto secondo partiture diverse. Il Bayern parte fortissimo: pressing alto, attacchi a destra con Laimer e Olise, marcature strette e un’idea precisa – schiacciare l’Inter. Nei primi venti minuti il pallone è bavarese (51% di possesso, 7 tiri a 6), ma è l’intensità difensiva a impressionare: Guerreiro si incolla a Calhanoglu, Olise lavora fra le linee, Kane scende spesso a giocare.

L’Inter, però, non perde mai la testa. Anche quando rischia – come sul palo di Kane al 26’ – mantiene l’ordine. La difesa non sale, i mediani si stringono, Lautaro lavora da equilibratore. E appena la pressione cala, i nerazzurri emergono: al 38’, su una splendida azione avviata da Bastoni e rifinita da Thuram, Lautaro infila Urbig con un colpo d’esterno perfetto. Gli xG nel primo tempo raccontano bene l’equilibrio: 0.80 per il Bayern, 0.45 per l’Inter. Il gol nasce dall’unico tiro in porta dei nerazzurri nel primo tempo.

Nella ripresa cambia tutto. Il Bayern tiene palla per il 67% del tempo, tira 13 volte contro le 4 dell’Inter e produce 1.85 xG contro 0.46. Ma qui emerge la vera anima della squadra di Inzaghi: compatta, verticale, cinica. Sommer è decisivo, Bastoni e Acerbi reggono contro tutto, Barella è ovunque. Il pari di Müller all’85’ sembra l’anticamera della beffa, ma l’Inter non si piega.

Tre minuti dopo, su contropiede iniziato da Barella e rifinito da Carlos Augusto, arriva l’inserimento perfetto di Frattesi: 2-1. È l’istantanea del match. Il Bayern manovra, ma è l’Inter a colpire. L’elasticità mentale dei nerazzurri è totale: alternano fasi di catenaccio a uscite tecniche, affidano la regia al loro portiere (Sommer partecipa all’azione del raddoppio) e si affidano ai duelli individuali.

A livello statistico, l’Inter completa l’89% dei passaggi nel secondo tempo (contro l’81% del Bayern), vince più contrasti (19 a 18), ed è letale quando serve: 1.60 xA (assist previsti) nella ripresa contro lo 0.44 dei tedeschi. Nonostante un solo tiro in porta in più, il Bayern ha un xGOT (Expected Goals on Target) di 1.05, l’Inter 0.95. La differenza l’ha fatta l’efficacia.

 

L’Inter ha saputo interpretare ogni fase del match con lucidità. Ha sofferto, ha saputo attendere, ha colpito con classe e sangue freddo. Lautaro ha firmato il settimo gol in 10 partite di Champions, Frattesi ha ribadito la profondità della rosa, Sommer ha tenuto a galla la squadra nei momenti più complicati. Inzaghi ha vinto la sfida con Kompany cambiando poco, ma bene: tre sostituzioni intelligenti, una lettura da tecnico esperto e la capacità di “sentire” la partita.

Il 2-1 dell’Allianz Arena è un manifesto dell’Inter europea: solida, camaleontica, affamata. Ma è solo l’andata. San Siro freme. E l’Inter sa che per completare l’opera servirà ancora una notte perfetta.

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