Rinaldo Morelli

Atalanta-Inter 0-2, la maturità dei campioni

L’Inter di Simone Inzaghi ha mandato un messaggio chiaro alla Serie A: il titolo passa per Milano. Con la vittoria per 2-0 a Bergamo, i nerazzurri hanno dimostrato ancora una volta la loro superiorità contro l’Atalanta, allungando a otto la striscia di successi consecutivi contro la squadra di Gasperini. Il gol di Carlos Augusto e la firma di Lautaro Martinez hanno sigillato tre punti fondamentali, che portano l’Inter a +3 sul Napoli e a +6 sulla stessa Atalanta, con lo scudetto che ora pende decisamente verso la sponda milanese.

Il controllo della partita e l’occupazione degli spazi

L’Inter ha iniziato il match con un atteggiamento deciso, dominando la costruzione del gioco grazie alla precisione nei passaggi (86% di successo nel primo tempo contro l’82% della Dea) e alla capacità di trovare uomini liberi tra le linee. Il modulo di Inzaghi, un 3-5-2 fluido, ha funzionato alla perfezione grazie all’intelligenza tattica di Barella e Calhanoglu, che hanno gestito la manovra e impedito alla pressione atalantina di prendere il sopravvento.

L’Atalanta, invece, ha scelto un approccio più attendista rispetto al solito, lasciando all’Inter il controllo del possesso nel primo tempo (53% contro il 47%). Una strategia dettata dai precedenti tra le due squadre: nelle ultime tre sfide, la Dea aveva incassato 10 gol senza segnarne neanche uno. Ma il piano di Gasperini non ha pagato, perché la squadra ha sofferto la fisicità e il dinamismo di Thuram e Lautaro, il cui movimento senza palla ha spesso mandato in crisi la difesa bergamasca.

Un primo tempo di studio e il palo di Thuram

Nei primi 45 minuti, l’Inter ha cercato di sfruttare la verticalità di Thuram per attaccare la profondità, e proprio il francese ha avuto la prima grande occasione del match. Al 7’, dopo un’ottima combinazione con Lautaro, ha saltato Hien con una progressione potente e ha calciato sul palo interno, con Carnesecchi battuto. L’Atalanta ha risposto con un colpo di testa di Pasalic al 19’, deviato magistralmente da Sommer. Ma, statisticamente, il primo tempo è stato bloccato: l’Inter ha prodotto uno 0.67 di xG contro lo 0.41 della Dea, a conferma di un match giocato più sul filo dell’equilibrio che delle occasioni nitide.

La svolta nella ripresa: l’incornata di Carlos Augusto

La partita è cambiata all’inizio del secondo tempo. Dopo sei minuti di interruzione per il malore di un tifoso sugli spalti, la concentrazione dell’Atalanta è calata e l’Inter ha sfruttato il momento. Al 55’, su un calcio d’angolo di Calhanoglu, Carlos Augusto ha bruciato la marcatura di Kolasinac e ha insaccato di testa il gol del vantaggio. Un’azione da manuale, resa possibile dall’abilità del brasiliano nei tempi di inserimento e dalla capacità dell’Inter di sfruttare al massimo i calci piazzati.

La rete ha certificato la superiorità fisica e mentale dei nerazzurri, che nella ripresa hanno aumentato l’intensità e chiuso ogni spazio all’Atalanta. Il dato sulla xG del secondo tempo (1.78 per l’Inter, appena 0.26 per la Dea) racconta perfettamente lo sbilanciamento del match dopo il vantaggio ospite.

Lautaro spegne le speranze della Dea

Gasperini ha tentato di ribaltare l’inerzia inserendo De Ketelaere, Maldini e Samardzic, ma senza risultati concreti. L’Inter, con un Acerbi in versione highlander – 37 anni e ancora dominante in marcatura su Retegui –, ha blindato la propria area, vincendo il 75% dei contrasti difensivi e lasciando l’Atalanta senza sbocchi offensivi.

L’espulsione di Ederson all’82’ ha chiuso virtualmente i giochi e otto minuti dopo Lautaro ha messo il sigillo alla partita. Servito da Barella, il capitano interista ha infilato Carnesecchi con un diagonale chirurgico, siglando il suo 19° gol stagionale. Un gol che vale più di tre punti, perché lancia l’Inter in fuga e costringe Napoli e Atalanta a inseguire.

Il valore dell’esperienza

A fare la differenza, ancora una volta, è stata la maturità dell’Inter, una squadra che sa vincere le partite decisive. La gestione della gara dopo il vantaggio è stata esemplare, con i nerazzurri capaci di abbassare i ritmi e colpire in contropiede. Inzaghi ha dimostrato di essere un maestro nel preparare questo tipo di sfide, e lo dimostrano anche i numeri: nelle ultime nove partite contro l’Atalanta, ha collezionato otto vittorie e un pareggio.

Carlos Augusto, con la sua versatilità e la sua incisività negli ultimi metri, si è confermato un’arma preziosa per il tecnico piacentino. Con tre gol e quattro assist stagionali, il brasiliano si sta rivelando molto più di una semplice alternativa a Dimarco. La sua prestazione da 7 in pagella contro l’Atalanta – 43 tocchi, 4 duelli vinti, 2 passaggi chiave – è solo l’ennesima conferma.

Uno scudetto ormai indirizzato?

Con questa vittoria, l’Inter manda un segnale forte al campionato. I +3 sul Napoli non sono ancora una sentenza, ma con una differenza reti di +38 contro il +22 degli azzurri, i nerazzurri hanno un vantaggio significativo anche in caso di arrivo a pari punti. Il rischio di uno spareggio è ancora teorico, ma Inzaghi e i suoi sanno che ogni partita può essere decisiva.

La notte di Bergamo si chiude con due immagini simboliche: Lautaro che esulta con il pugno alzato e Gasperini che lascia il campo espulso, frustrato dall’ennesima occasione sprecata. L’Inter ha ancora nove battaglie davanti a sé, ma ha già dimostrato di avere le carte in regola per vincerle tutte.

Portare il calcio europeo negli Stati Uniti: vale davvero la pena? La Serie A vuole aprire la strada

All’interno di una stanza senza finestre nella vasta struttura di SpaceX a Boca Chica, in Florida, un team dedicato sta progettando come potrebbe essere la vita su Marte. Su ordine di Elon Musk, hanno delineato piani su dove gli esseri umani potrebbero vivere, cosa potrebbero mangiare e come potrebbero vestirsi per evitare di morire immediatamente a causa delle radiazioni del pianeta rosso.

Musk ha sempre considerato la colonizzazione di Marte come la sua missione principale, convinto che sia essenziale per la sopravvivenza dell’umanità. Ma anche lui potrebbe domandarsi se non sarebbe più semplice risolvere i problemi del nostro pianeta piuttosto che conquistarne un altro.

Nel frattempo, questa settimana sulla Terra, i dirigenti del calcio italiano hanno espresso il desiderio di organizzare partite ufficiali della Serie A negli Stati Uniti entro i prossimi tre anni. “Sì, ci piacerebbe farlo,” ha dichiarato Michele Ciccarese, direttore commerciale e marketing della Lega, parlando ai giornalisti a New York. “Forse già in uno o due anni, se arriveranno le approvazioni.”

L’idea non è nuova. Da oltre vent’anni diversi campionati europei sognano di portare gare ufficiali all’estero, in particolare negli Stati Uniti. La Premier League ha proposto nel 2008 l’aggiunta di una “39a giornata” da giocare fuori dal Regno Unito, ma il progetto è stato accantonato dopo la dura opposizione dei tifosi. Tuttavia, l’idea continua a emergere periodicamente.

Altri campionati sono stati più audaci. La Liga ha tentato di organizzare partite negli Stati Uniti nel 2018 e nel 2019, con il presidente Javier Tebas che rimane favorevole all’iniziativa, in attesa dell’approvazione della FIFA.

Anche la Serie A ha testato il terreno, organizzando la Supercoppa Italiana in Arabia Saudita. Inoltre, una recente causa legale tra Relevant Sports e la U.S. Soccer Federation potrebbe aprire la strada a partite di campionato negli Stati Uniti.

FIFA, da sempre contraria a disputare partite ufficiali all’estero, sta rivedendo la sua posizione. Il momento sembra maturo per un cambiamento, e la corsa a chi riuscirà per primo a portare un campionato europeo negli USA è già iniziata.

Ma ne vale davvero la pena?

La principale obiezione riguarda l’integrità del campionato. Trasferire una giornata di Serie A negli Stati Uniti significherebbe alterare l’equilibrio del torneo, con alcune squadre che disputerebbero meno partite in casa. Inoltre, il rischio di alienare i tifosi italiani è reale. “Non puoi spostare un derby di Milano in America, sarebbe una mancanza di rispetto verso i tifosi locali,” ha ammesso Ciccarese.

Tuttavia, le partite più appetibili sono proprio quelle tra le grandi squadre. Un Lecce-Empoli a Los Angeles difficilmente attirerebbe nuovi tifosi.

C’è poi la questione della Major League Soccer, che potrebbe sentirsi minacciata dall’invasione di squadre europee sul suo territorio. FIFA, che dovrebbe proteggere i mercati emergenti, sembra aver abbandonato questa battaglia.

Infine, resta il problema della Premier League, che domina il panorama economico calcistico globale. Anche se la Serie A portasse le sue partite negli Stati Uniti, i guadagni non sarebbero sufficienti a colmare il divario con il campionato inglese.

Per rilanciare il calcio italiano servono investimenti in infrastrutture, nuovi stadi e un maggiore coinvolgimento dei tifosi locali. Il successo non dipende solo dai diritti televisivi, ma anche dall’innovazione e dalla capacità di attrarre le nuove generazioni attraverso social media e contenuti digitali accattivanti.

Ecco perché, alla fine, sembra sempre più facile inseguire un sogno lontano che affrontare i problemi reali del presente.

Maradona, Dimarco e Billing: la gincana scudetto si accende tra magia e rimpianti

Il big match del Maradona tra Napoli e Inter è stato un condensato di tensione, resilienza e rimpianti, un 1-1 che non chiude i giochi per lo scudetto ma li spalanca, con ancora undici giornate da vivere e un equilibrio che sa di gincana imprevedibile.

L’atmosfera al triplice fischio racconta due stati d’animo opposti: il Napoli respira di sollievo per aver strappato un punto con le unghie grazie al guizzo di Billing, entrato da otto minuti e alla seconda presenza in Serie A, mentre l’Inter si morde le mani per un vantaggio sciupato a dieci minuti dalla fine, quando il sogno di uno scatto a più quattro si è sgretolato. I nerazzurri restano avanti di un punto su Conte e di tre sull’Atalanta, ma il secondo tempo da incubo – zero tiri, 33% di possesso e appena 0.02 di xG – pesa come un macigno sul morale dei campioni d’Italia.

L’avvio è stato un gioco di nervi, con il pubblico del Maradona a fare da unica nota spettacolare in un primo tempo bloccato. L’Inter, che parte con il 57% di possesso e 215 passaggi completati all’87%, cerca di imporre il ritmo, mentre il Napoli si chiude basso, pronto a colpire in verticale con i 29 tocchi di Lukaku, nettamente più coinvolto rispetto agli otto di Como. Inzaghi schiera Bisseck dall’inizio per preservare Pavard come arma sulle fasce, vista l’emergenza esterni che lo lascia con i soli Dumfries e Dimarco, spremuti fino al midollo. Il ritorno di Thuram, reduce da 15 giorni di stop, è una boccata d’ossigeno, anche se il francese si limita a sponde spalle alla porta, lontanissimo dalla sua forma migliore. Conte, invece, deve fare i conti con gli infortuni di Neres e Anguissa: il suo 3-5-2 si regge sui movimenti di Raspadori accanto a Lukaku, con Spinazzola bloccato sulla linea difensiva e Politano più alto a supporto. La mossa Gilmour al posto di Anguissa porta pressing su Bastoni e ordine accanto a Lobotka, che chiuderà con una regia da Oscar.

I primi 20 minuti scorrono senza squilli – sette tiri per il Napoli contro i sei dell’Inter, ma zero grandi occasioni – fino a quando la partita si accende su un’azione confusa. Inzaghi reclama un rigore per un intervento in ritardo di McTominay su Dumfries, ma Doveri concede solo una punizione al limite. È il momento di Dimarco: il suo sinistro all’incrocio al 22’ è un gioiello che interrompe un digiuno nerazzurro su punizione diretta in campionato che durava dal 9 novembre 2022, guarda caso sempre firmato da lui. Un gol speciale in uno stadio che porta il nome di Diego, e che porta l’Inter avanti con 0.60 di xG nel primo tempo contro gli 0.30 partenopei.

Il Napoli, però, non ci sta. Conte alza il pressing e i suoi iniziano a macinare gioco: Lukaku si rende pericoloso con un sinistro al volo, Raspadori salta Martinez ma scivola sul più bello, e McTominay porta fisicità che mette in crisi la retroguardia interista. Bastoni si immola due volte, soprattutto su un intervento disperato in spaccata su Lukaku, pescato da Raspadori, e l’Inter chiude il primo tempo con 16 tocchi in area avversaria contro gli 11 del Napoli, ma senza mai affondare il colpo. Dimarco, ancora lui, sfiora lo 0-2 con un’occasione che avrebbe potuto cambiare la storia della partita.

La ripresa è un monologo azzurro. Dopo cinque minuti, Inzaghi perde Calhanoglu (contusione alla coscia) e Dimarco (contrattura ai flessori), due pilastri che lasciano l’Inter in balìa degli eventi. Pavard e Zielinski entrano in corsa, e il tecnico tenta un 4-4-2 d’emergenza che dura il tempo di un tiro di Lobotka da fuori e qualche mischia in area. Poi torna al 3-5-2, con Dumfries spostato a sinistra in una posizione inedita, ma la squadra si spegne: 93 passaggi completati al 77% e appena un tocco in area avversaria contro i 22 del Napoli. Conte, invece, spinge i suoi a testa bassa: il 67% di possesso, 12 tiri di cui otto dall’area e sette calci d’angolo testimoniano un dominio schiacciante. Martinez si salva su un destro di McTominay e sulle continue palle alte dai 34 cross partenopei, ma l’Inter non sale più. Thuram, ancora fuori condizione, lascia spazio a un Correa evanescente, e Lautaro viene annullato da Buongiorno e Rrahmani: in due, una sola mezza conclusione.

Il Napoli ci crede e Conte pesca dalla panchina: fuori Raspadori per Okafor, fuori Gilmour per Billing, un colosso che sembra messo lì per i duelli aerei ma che cambia la partita con un tocco di fino. All’87’, Bisseck sbaglia l’anticipo, Lobotka si infila e serve il danese, che batte Martinez sulla ribattuta dopo un miracolo del portiere spagnolo. È l’1-1, con 1.28 di xG per il Napoli nella ripresa contro un’Inter azzerata offensivamente. Ngonge ha l’occasione del sorpasso al 95’, ma il tiro si spegne, e il pareggio resta. Un punto che sa di vittoria per Conte, che chiude con il 62% di possesso totale, 19 tiri a 6 e il 57% di duelli vinti, e di spreco per Inzaghi, che vede sfumare un vantaggio prezioso dopo il capolavoro di Dimarco, unico difensore in Serie A con almeno quattro gol e quattro assist.

La gincana scudetto riparte da qui: il Napoli, dopo il tonfo di Como, ritrova ferocia e una panchina che porta punti, mentre l’Inter allunga il digiuno negli scontri diretti dopo Milan e Juve. Ora i partenopei inseguono con Fiorentina e Venezia all’orizzonte, mentre i nerazzurri affronteranno Monza e un altro big match con l’Atalanta a Bergamo. Tre squadre in tre punti, e un campionato che non ha ancora un padrone.