Chiediamo scusa ai tifosi”. No, non ho letto da nessuna parte questa dichiarazione. Al contrario, ho letto di un presidente con la P minuscola che parla di partita “non decisiva” riferendosi a una finale, di un direttore tecnico con la D e la T minuscole parlare di “lavorare forte”, offendendo chi davvero “lavora forte” ogni giorno e a fine mese fa i conti con i soldi che vorrebbe destinare alla sua passione, il fu AC Milan.

C’è un cortocircuito importante in questa fase storica, un punto di non ritorno fissato a giugno 2023. Da allora, tutto è precipitato. Hanno sottovalutato le più basilari necessità di una squadra che gioca a calcio, hanno trascurato i rapporti umani. Si dirà, “non sei a Milanello, cosa ne sai?”.

Io so.

Parafrasando Pier Paolo Pasolini, “io so”. E sai perché lo so? Perché ho visto come vengono trattati i tifosi. Il mancato rispetto nei confronti dei propri clienti – come loro ci vedono – è il primo passo verso il fallimento. L’irrispettosa comunicazione dei gestori del Milan, dal presidente con la P minuscola all’ufficio comunicazione (rigorosamente con la U e la C minuscole), è la lampante dimostrazione di come noi si conti poco o nulla, almeno fino a quando non decidiamo di frugare nelle tasche per dargli i nostri soldi.

A quel punto, diventiamo “FANS” (cit. del presidente con la P minuscola).

Si può continuare così? Naturalmente, la risposta è “sì”. Si può continuare così fino a quando la mucca Milan avrà latte per dissetarli. Ormai è chiaro anche all’ultimo giapponese nella foresta, la cui baionetta spara colpi sempre più inoffensivi. Non è questione di calcio, non è questione di campo, è questione di profitto e guadagno. Il compromesso mancante alla base di tutto questo è che a noi andrebbe pure bene, a patto di avere al vertice organizzativo e decisionale un meccanismo il più vicino possibile alla perfezione. Non infallibile, attenzione, ma perfetto.

Perfetto nella definizione di ruoli e compiti, nell’attribuzione di responsabilità, nell’evidente professionalità dei dirigenti. Questa dovrebbe essere la condizione necessaria per rendere competitivo un club dal potenziale straordinario come il nostro.

Al contrario, Elliott ha deciso di rendere il Milan un franchising. Ha demandato a RedBird e Cardinale il compito di gestire l’unico business che gli interessa, fino a oggi con modestissimi risultati che strizzano l’occhio al nulla. Tutta la vicenda San Donato-San Siro puzza di bluff lontano un chilometro. La verità, semplice, è che hanno sbagliato tutte le valutazioni.

Hanno sottovalutato l’impatto della burocrazia italiana, a volte giusta a volte colpevolmente conservatrice. Hanno creduto di poter innestare al Milan un modello di gestione totalmente inadeguato, affidandolo a persone inadeguate che si sono circondate di altre persone inadeguate, nel perfetto assunto che prevede di non avvalerti di collaboratori più bravi di te per non oscurarti.

Purtroppo, il punto di partenza è quanto di più lontano possa esserci dalla corretta gestione di un club calcistico di alto livello, il resto dei collaboratori a cascata è quello che è. Quando Cardinale ha provato a portare Comolli, il “dominus” del Tolosa, al Milan, in quel preciso momento ha capito che non conta nulla.

Le chiacchiere le porta via il vento, le bici i livornesi”, dice il detto. Ebbene, in soli due anni di piena gestione RedBird/Furlani/Elliott abbiamo ascoltato tante chiacchiere, tanti panegirici rivolti a ridimensionare l’ambizione dei tifosi, a tenergli una mano sulla testa affinché non diventassero avidi di vittorie.

No, cari miei, no, non funziona così. Ed ora la storia presenta il conto. Non solo a noi, che siamo gli unici a soffrire per tutto questo, ma anche a loro. La mancata Champions potrà essere assorbita con la cessione di qualche giocatore e il ridimensionamento del monte ingaggi, ma questo porterà, inevitabilmente, a uno svilimento e impoverimento della qualità di una rosa che già oggi non è eccelsa.

A seguire, se non si interviene seriamente e subito per porvi rimedio, un lento e inesorabile declino, un ritorno alle stagioni della mediocrità di Fine Impero, segnate dal proprietario che aveva assicurato che ci avrebbe lasciato “in buone mani”.

Grazie Presidente (a Lei la P maiuscola la concedo).

2 thoughts on “La storia presenta sempre il conto

  1. Sono devastato, con te e tanti altri manifesto la mia indignazione verso la gestione del Milan. Da quando, tre anni fa siamo diventati clienti, ho chiesto di applicare il detto “prima di comprare voglio vedere la merce” e la merce è il progetto sportivo, la squadra ,l’allenatore ed il DS, dopo rinnovo non prima, ma sarà la terza volta che ci prenderanno per il culo.

  2. Una bella disamina sig. Morelli,.. Mi chiedo cosa ne sarà del nostro Milan!
    Una cosa e certa; prima o poi leveranno le tende. Noi non possiamo mollare, lo dobbiamo al nostro Milan. Dobbiamo conservare la nostra identità, tenere duro e nel momento propizio riversarla con forza.
    Vinceremo noi alla fine…. Questa gentaglia non può vincere il nostro amore profondo…. Presto o tardi l incubo svanirà.

    Buona giornata sig. Morelli

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